Indice
- Evoluzione dei processi Giudiziari
- Teorie sulla Strage
- L’inizio degli anni di piombo
- Conseguenze Politiche
- Misteri ancora irrisolti
- Documentari e Libri su Piazza Fontana
la Strage di Piazza Fontana, arresti, assoluzioni, incarcerati e scarcerati.
La Strage di Piazza Fontana fu un attentato terroristico avvenuto il 12 dicembre 1969 nel centro di Milano, all’interno della sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana. L’esplosione causò 17 morti e 88 feriti ed è considerata il primo e più dirompente atto terroristico del dopoguerra in Italia, segnando l’inizio degli “anni di piombo” e della cosiddetta “strategia della tensione”.
L’attentato fu parte di una serie di cinque esplosioni avvenute in meno di un’ora tra Milano e Roma, con bombe piazzate in vari edifici pubblici e bancari. A Milano, oltre alla bomba esplosa in piazza Fontana, fu trovata una seconda bomba inesplosa in piazza della Scala. A Roma, tre bombe esplosero provocando feriti ma nessun morto.
Le indagini iniziali portarono all’arresto dell’anarchico Pietro Valpreda, accusato ingiustamente, e alla morte sospetta dell’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla Questura di Milano durante un interrogatorio, episodio che scatenò un ampio dibattito e accuse di depistaggi.
Successivamente, le indagini rivelarono che la strage fu opera di una cellula eversiva di estrema destra, legata al gruppo Ordine Nuovo, con figure come Franco Freda e Giovanni Ventura come ispiratori ideologici. Tuttavia, l’esecutore materiale non fu mai identificato con certezza. La strage è stata interpretata come un tentativo di destabilizzare il paese e giustificare un giro di vite autoritario, in un contesto di grande tensione politica e sociale.
Il processo si concluse con condanne e assoluzioni, ma la verità giudiziaria rimane parziale, con molti aspetti ancora controversi e oggetto di studi storici e politici. La strage di Piazza Fontana rappresenta un momento spartiacque nella storia italiana, simbolo del terrorismo interno e della strategia della tensione degli anni Settanta.
Come si sono evoluti i processi giudiziari legati alla strage nel tempo
I processi giudiziari legati alla strage di Piazza Fontana si sono sviluppati nel corso di decenni, caratterizzati da fasi di arresti, assoluzioni, condanne, depistaggi e prescrizioni, riflettendo la complessità politica e sociale del caso.
Primi processi e arresti (anni ’70): Dopo la strage del 1969, le indagini iniziarono con l’arresto di Pietro Valpreda, accusato ingiustamente di essere l’esecutore materiale, e portarono anche alla morte sospetta di Giuseppe Pinelli durante un interrogatorio in Questura. Questi primi processi si conclusero con assoluzioni per insufficienza di prove, ma segnarono l’inizio di un lungo iter giudiziario.
Processi contro Ordine Nuovo (anni ’80 e ’90): Negli anni successivi furono processati esponenti neofascisti come Franco Freda e Giovanni Ventura, ritenuti ideatori della strage. Sebbene condannati in primo grado, furono poi assolti o prosciolti per prescrizione, suscitando polemiche e accuse di depistaggio.
Nuove indagini e processi negli anni 2000: Nel 2001 si riaprì un processo che portò a condanne all’ergastolo per alcuni imputati, tra cui Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, mentre altri come Delfo Zorzi furono assolti. Nel 2005 la Cassazione riconobbe definitivamente la responsabilità di Ordine Nuovo nella strage, anche se i protagonisti non furono più perseguibili per prescrizione.
Digitalizzazione e studio degli atti: Negli anni recenti, come parte di un più ampio impegno per la verità sulle stragi italiane, sono stati digitalizzati e resi accessibili milioni di pagine di atti processuali, inclusi quelli di Piazza Fontana, per favorire la ricerca storica e la memoria pubblica.
Contesto più ampio dei processi sulle stragi: La vicenda di Piazza Fontana si inserisce in un più ampio contesto di difficoltà giudiziarie legate alle stragi politiche italiane, spesso caratterizzate da lunghe attese, depistaggi e ostacoli, analogamente a quanto accaduto per altre stragi come quella di Bologna o per i crimini nazifascisti.
In sintesi, i processi per la strage di Piazza Fontana hanno avuto un’evoluzione lunga e travagliata, con alternanza di condanne e assoluzioni, e con una verità giudiziaria parziale e spesso ostacolata da depistaggi e ritardi, ma che ha comunque confermato il ruolo di gruppi neofascisti nell’attentato.
Quali sono le teorie più accreditate sulla responsabilità della strage di piazza Fontana
Le teorie più accreditate sulla responsabilità della strage di Piazza Fontana si articolano principalmente su tre filoni, che evidenziano una complessa rete di complicità tra estremisti di destra, anarchici e servizi segreti:
Gruppi neofascisti di Ordine Nuovo: È ormai consolidato che la strage fu organizzata e messa in atto da membri di estrema destra, in particolare dal gruppo veneto di Ordine Nuovo, con figure come Franco Freda e Giovanni Ventura. Questi furono riconosciuti colpevoli dalla Cassazione nel 2005, anche se non più imputabili per la prescrizione e precedenti assoluzioni. Ordine Nuovo è stato coinvolto in altre stragi e crimini gravi legati alla strategia della tensione.
Coinvolgimento di anarchici e una possibile collaborazione con gruppi neri: Secondo una controinchiesta condotta dalle Brigate Rosse, materialmente l’ordigno fu collocato da anarchici che intendevano un atto dimostrativo, ma timer ed esplosivo sarebbero stati forniti da una cellula di estrema destra. La strage sarebbe quindi avvenuta per errore o all’insaputa degli anarchici, che non avevano intenzione di causare una strage di massa.
Depistaggi e ruolo dei servizi segreti: È emerso nel tempo che servizi segreti deviati e apparati dello Stato avrebbero avuto un ruolo nel depistaggio delle indagini e nella manipolazione delle piste investigative, contribuendo a far ricadere inizialmente la responsabilità sugli anarchici, come nel caso di Pietro Valpreda. Alcune testimonianze e inchieste hanno ipotizzato una collaborazione tra neofascisti, anarchici e servizi segreti nell’attentato.
Queste teorie riflettono la complessità e l’ambiguità della vicenda, che si inserisce in un contesto di strategia della tensione finalizzata a destabilizzare l’Italia e frenare il progresso politico-sociale del periodo. Nonostante i processi e le sentenze, molti aspetti rimangono controversi e oggetto di dibattito storico e giudiziario.
In che modo l’attentato del 1969 ha segnato l’inizio degli anni di piombo
L’attentato di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 segnò profondamente l’inizio degli anni di piombo in Italia, un periodo di estremizzazione della dialettica politica caratterizzato da violenze di piazza, lotta armata e terrorismo. Questo evento viene considerato uno spartiacque nella storia della Repubblica Italiana, tanto da parlare di un “prima e dopo Piazza Fontana”.
Ecco come la strage contribuì a definire e avviare quel periodo:
Inizio della “strategia della tensione”: La strage viene considerata “il momento più incandescente della strategia della tensione”. Tale strategia mirava a destabilizzare il paese e indurre una svolta autoritaria attraverso atti terroristici.
Aumento della tensione sociale: L’attentato inasprì un clima già agitato da turbolenze, manifestazioni e scontri di piazza. La violenza crebbe e la polarizzazione politica si accentuò.
Reazione e repressione: Inizialmente, le accuse ingiuste verso anarchici e persone di sinistra, come Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda, portarono a sospetti di depistaggi e collusioni occulte all’interno dello Stato. Ciò alimentò ulteriormente la sfiducia nelle istituzioni e radicalizzò le posizioni politiche.
Diffusione della paura: L’attentato ebbe l’effetto di spaventare la popolazione, limitando la partecipazione democratica e favorendo una logica di repressione.
Escalation del terrorismo: La strage di Piazza Fontana rappresentò un punto di non ritorno, dopo il quale il livello dello scontro politico si inasprì ulteriormente, aprendo la strada a nuove azioni terroristiche e alla lotta armata.
Contesto socio-politico: L’evento si inserì in un periodo di grandi trasformazioni sociali ed economiche, caratterizzato da contestazioni studentesche, lotte operaie e una forte crescita del Partito Comunista Italiano. La strage contribuì a polarizzare ulteriormente questo contesto, radicalizzando le posizioni politiche e sociali.
Quali furono le conseguenze politiche e sociali dell’attentato a Milano
L’attentato di Piazza Fontana a Milano nel 1969 ebbe conseguenze politiche e sociali di vasta portata, segnando un punto di svolta nella storia italiana.
Conseguenze Politiche:
Inasprimento della tensione politica: L’attentato avvenne in un periodo di forti tensioni sociali e politiche, con contestazioni studentesche e lotte operaie. La strage esacerbò ulteriormente il clima, portando a una polarizzazione delle forze politiche e a una crescente sfiducia nelle istituzioni.
Strategia della tensione: La strage viene considerata l’apice della “strategia della tensione”, un piano eversivo volto a destabilizzare il paese e favorire una svolta autoritaria. L’obiettivo era creare un clima di paura e insicurezza per giustificare misure repressive e limitare le libertà democratiche.
Accuse e depistaggi: Le indagini iniziali si concentrarono su esponenti della sinistra extraparlamentare e anarchici, portando all’arresto di Pietro Valpreda e alla morte di Giuseppe Pinelli. Questi eventi suscitarono forti polemiche e sospetti di depistaggi da parte di apparati dello Stato, minando la credibilità delle istituzioni.
Reazione dei partiti: I partiti politici si schierarono in modo diverso di fronte all’attentato. Mentre il PCI e le forze di sinistra denunciavano la strategia della tensione e chiedevano chiarezza sulle responsabilità, settori della destra invocavano misure più severe per ristabilire l’ordine pubblico.
Instabilità governativa: Gli anni successivi alla strage furono caratterizzati da una forte instabilità governativa, con frequenti crisi di governo e difficoltà nel trovare una maggioranza stabile.
Conseguenze Sociali:
Paura e insicurezza: L’attentato generò un clima di paura e insicurezza nella popolazione, che si sentiva minacciata dalla violenza politica e dal terrorismo.
Radicalizzazione politica: La strage contribuì alla radicalizzazione di frange estreme sia a destra che a sinistra, alimentando la spirale della violenza e della lotta armata.
Mobilitazione popolare: Nonostante il clima di paura, la strage suscitò anche una forte reazione popolare, con manifestazioni, scioperi e iniziative per la difesa della democrazia e della convivenza civile. In particolare, i funerali delle vittime a Milano si trasformarono in una grande manifestazione di popolo.
Effetti sul movimento operaio: L’attentato e la successiva stagione di violenza politica ebbero un impatto anche sul movimento operaio, che si trovò a dover affrontare nuove sfide e a difendere le conquiste sociali e democratiche.
Cambiamento nella percezione della realtà: La strage di Piazza Fontana segnò una profonda crisi di fiducia nei confronti dello Stato e delle sue istituzioni. Molti italiani persero l’innocenza e iniziarono a guardare con sospetto al potere e alle sue manifestazioni.
In che modo i misteri ancora irrisolti di piazza Fontana hanno plasmato la storia italiana
I misteri ancora irrisolti della strage di Piazza Fontana hanno profondamente plasmato la storia italiana in diversi modi, lasciando un segno duraturo nella politica, nella società e nella cultura del Paese.
1. Crisi di fiducia nelle istituzioni
La lunga vicenda giudiziaria, caratterizzata da depistaggi, segreti di Stato e l’assenza di una sentenza definitiva sugli esecutori materiali, ha alimentato una profonda sfiducia verso le istituzioni e lo Stato stesso. Il fatto che settori deviati dei servizi segreti e gruppi neofascisti siano stati coinvolti senza mai essere pienamente perseguiti ha fatto percepire la strage come una “strage di Stato”, ovvero un atto con coperture e complicità interne allo Stato.
2. Strategia della tensione e anni di piombo
Piazza Fontana rappresenta l’atto di apertura di un periodo di terrorismo e violenza politica noto come “strategia della tensione”, durante il quale si susseguirono attentati, scontri e una forte polarizzazione sociale e politica. Questo clima di paura e instabilità ha segnato gli anni di piombo, condizionando la vita politica e la sicurezza pubblica per oltre un decennio.
3. Polarizzazione e conflitti sociali
La strage e i misteri che la circondano hanno contribuito a radicalizzare i conflitti tra forze politiche, movimenti extraparlamentari, anarchici, neofascisti e apparati statali deviati. Le controinchieste, come quella delle Brigate Rosse, e le teorie che coinvolgevano diversi attori hanno alimentato ulteriori divisioni e tensioni sociali.
4. Stimolo a riflessioni e memoria collettiva
Nonostante il dolore e la controversia, Piazza Fontana ha generato una forte risposta civile e culturale. È diventata un simbolo della lotta per la verità, la giustizia e la difesa della democrazia, stimolando dibattiti storici, letterari e politici che ancora oggi alimentano la memoria collettiva e la riflessione sulla democrazia italiana.
In sintesi, i misteri irrisolti di Piazza Fontana hanno lasciato un’eredità di sfiducia istituzionale, hanno segnato l’inizio di un periodo di violenza politica e hanno contribuito a una profonda polarizzazione sociale, ma hanno anche alimentato una memoria civile che continua a interrogare la storia italiana contemporanea.
Documentari sulla strage di Piazza Fontana
Libri
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